Le Casacce

In origine le Casacce furono confraternite di flagellanti o disciplinanti, devoti che si riunivano per fare insieme penitenza dei peccati loro battendosi le spalle e la schiena nuda colla disciplina, e questa consisteva di un manico di legno cui erano attaccate alcune cordicelle con nodi o pallette di ferro, o anche spine o pezzi di metallo.

Tale devozione preso origine, nel corso del 1260, dal Grande Movimento dei Disciplinanti, suscitato da Ranieri Fasani di Borgo S. Sepolcro in Perugia, il quale, partito da Perugia vestito di sacco, con una disciplina in mano si batteva implorando misericordia e pace, andando per le vie e piazze infervorando tutti a seguirlo. La lunga processione dei Disciplinanti passo in altre città: Spoleto, Imola, Bologna, Modena, Reggio, Parma, Piacenza e Tortona dove, condotti da Sinibaldo Opizzoni, arrivarono a Genova; ne riporta il racconto il Beato Iacopo da Varagine, contemporaneo ai fatti, ed in seguito Arcivescovo di Genova.

Si dissero Casacce perchè si riunivano in casupole dirupate, forse per risparmio di fitto, forse perchè dapprincipio non erano veduti di buon occhio quegli atti un poco lesivi della incolumità personale: anche a Firenze dopo le processioni all’aria aperta i flagellanti o battuti dovettero rifugiarsi nelle cripte delle chiese e in buche sotterranee.

Nel 1399 un altro grande movimento confraternale arrivò a Genova, ­ erano i Bianchi di Provenza, entrarono in città il 5 luglio tutti vestiti di tela bianca a sacco; anche loro imploravano misericordia e pace, le processioni erano aperte dai confratelli che portavano il Crocifisso. I disciplinanti a Genova prima si unirono al corteo, poi vestirono anch’essi il sacco col cappuccio, denudarono le schiene per continuare la flagellazione.

 Le Casacce erano solite uscire così tutte insieme la notte del Giovedì Santo per recarsi in processione in San Lorenzo per venerare il Sepolcro (oggi altare della Reposizione), poiché da sempre particolarmente inclini a commemorare la Passione di Nostro Signore.

Quel costume trovò qualche volta opposizione da parte dei capi di governo, perchè poteva facilmente nascondere agitatori e uomini armati: il comune di Savona impedì l’entrata della processione genovese, permettendo l’ingresso solo a pochi e a capo scoperto e paleso; il maresciallo Boucicaut, il governatore di Genova per Francia nei primi anni del secolo XV, vietò l’uscita delle Casacce per la città.

Nella seconda metà del secolo XVI l’antica semplicità comincia a sparire. Gli arcivescovi di Genova nelle costituzioni che emanano nelle sinodi diocesane permettono ai fedeli d’andar in processione a due a due senza clamori cantando inni e preghiere, purché in latino, e flagellandosi con vera pietà, ma vietano di disciplinarsi a pagamento per guadagno e per conto altrui, e di riunirsi a banchetto negli oratorii.

 La Repubblica promulga una speciale ordinanza nel 1602 per proibire molti abusi, e prescrive in essa che le vesti siano bianche di tela e semplici senza pieghe ne tasche ne bottoni né fodere di seta, cinte di semplice corda, salvo per quelli che avranno la cintura di cuoio e il crocco o bossolo per appoggiare il crocifisso: non corone al collo, né pizzetti alle camicie, né guanti, non calze di seta né stivaletti, ma solo certi calzari di cuoio, detti spardegne e affini ai sandali. Si vieta altresì che i devoti portino armi o si facciano accompagnare da paggi, servi, o bravi che diano sostegno alle frequenti zuffe e disordini che potevano verificarsi in occasione delle processioni. Inoltre alla fine del ‘600 o verso l’inizio del ‘700 vengono nominati dai Collegi i cinque Savi sulle Casacce affinchè vigilino sulle confraternite perché osservino i regolamenti, specialmente in occasione della processione del giovedì Santo.

 Un secolo dopo lo spettacolo è affatto mutato, le discipline e i flagelli cadono in disuso, la processione non è più che uno sfoggio di pompa e di lusso (di cui le prime manifestazioni si sarebbero avute nel 1712). Le cappe e i tabarrini sono di velluto con larghi ricami d’oro e di argento, e coi paggi o moretti che portano gli strascichi. Le Casacce sono precedute da due o quattro uomini che portano i pastorali, grossi bastoni o mazze di argento colla statua del Santo o lo emblema sacro da cui prendono il nome, hanno i grandi crocefissi, adorni di lavori d’oro e di argento massiccio, coperti di tartaruga o d’ebano. Ricco sfoggio di torcie, di musiche, di fanciulli e fanciulle che cantano inni: molte Casacce hanno le casse o macchine di legno che sostengono la statua del Santo con altre figure in rappresentazione di qualche miracolo, a portare le quali si richiedono venti o trenta robusti facchini. Parecchie di queste macchine sono opera di valenti artisti e specialmente di Anton Maria Maragliano: nella Casaccia di S.Giacomo delle Fucine si conduco invece su un cavallo coperto di ricca gualdrappa un ragazzo colla sciabola sguainata che canta le lodi del Santo.

La gara di lusso fra le varie Casacce è vivissima: i giovani gareggiano nel peso dei crocefissi e taluno paga grosse somme per esser ammesso a tale onore oneroso, anche senza esser membro di alcuna Casaccia: specialmente le tre che prendono il nome da S. Giacomo (quella di S. Giacomo e Leonardo di Prè, quella di San Giacomo delle Fucine di Portoria, quella di S. Giacomo della Marina), sono in continua discordia, che spesso porta a zuffe durante la processione, poiché ciascuna pretende di aver sola il privilegio di celebrare le laudi di S. Giacomo il maggiore, il patrono della Spagna e vincitore dei Mori. La processione divenne uno spettacolo così mondano e rumoroso; che parve non più conveniente ai giorni della Passione di Gesù, e nella seconda metà del secolo XVIII fu trasportata al 3 maggio, in cui si celebra l’invenzione della S. Croce. I Savi sulle Casacce provvedono ogni anno a determinare le strade per le quali esse devono passare nell’andata a S.Lorenzo e nel ritorno all’Oratorio ad evitare confusioni

 Sospesa la processione nei seguenti anni d’agitazione, fu ripresa nel 1806 rassodato l’impero, e continuò negli anni successivi; dopo una nuova interruzione lo spettacolo fu ripreso in occasione delle visite di Vittorio Emanuele I nel 1819, dei sovrani di Vienna e Napoli nel 1825, in modo più limitato per opera della Casaccia più vivace e più ricca di S. Giacomo delle Fucine fu rinnovato nel 1817, nel ’23, nel ’28.
Nel 1833, scoperta la congiura mazziniana, si infierì coi processi a Torino, ad Alessandria, a Genova, dopo la fucilazione dei tre martiri, Biglia, Gavotti, Miglio, grande era il fermento fra i Genovesi e grave umor nero era sparso per la città, che aveva l’apparenza d’un cimitero colle vie deserte e le finestre chiuse, come racconta nelle sue Reminiscenze il conte Lodovico Sauli, sbarcato appunto in quei giorni dalla Sardegna.
Il direttore di polizia pensò poter calmare il popolo e distrarne l’attenzione in modo non sospetto e gradito; diede diecimila lire al capo dell’oratorio di S. Giacomo della Marina perchè facesse uscire la processione della Casaccia nella domenica seguente alla esecuzione di quelle tre sentenze capitali.

Da quel giorno la processione delle Casacce subisce una lunga interruzione per venire ripresa senza più interruzioni negli anni successivi al dopoguerra su sollecitazioni del Priorato genovese delle Confraternite riunitosi per la prima volta il 10 marzo 1946.

Come riportato dal sito ufficiale dell’Arcidiocesi di Genova la Processione delle ‘Casacce’ nel centro storico” cittadino è la più antica processione di cui si abbia testimonianza a Genova e anche se i numeri dei partecipanti si è ridotto rispetto al passato, anche e soprattutto a causa dello “spopolamento” delle confraternite del centro storico a discapito di quelle periferiche, la processione del Giovedì Santo rimane il momento comunitario per eccellenza delle nostre confraternite.

La Confraternita di San Giacomo a Levanto, la cui comunità ha respirato per molti secoli l’influenza genovese come parte della Repubblica, decise nei primi anni’60 di introdurre nei Riti della Settimana Santa la visita ai Sepolcri (Altari della Reposizione), ossia la Processione delle Casacce, pratica sempre ripetuta e giunta sino ai nostri giorni, unica in questo senso nel panorama diocesano confraternale.

 

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